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24-05-2008 |
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Fotovoltaico: celle “pelose” e sandwich high-tech |
Due gruppi di ricerca hanno sviluppato indipendentemente metodi per la produzione di nanowires, ovvero fili metallici o di semiconduttori dalle dimensioni nell’ordine di nanometri, che potrebbero portare ad un sensibile miglioramento nell’efficienza fotovoltaica. |
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In entrambi i casi il concetto base è lo stesso: l’uso efficiente della conduzione degli elettroni raccolti sulla superficie dell’elettrodo della cella. La prima tecnica, sviluppata da ricercatori dell’University of California, di San Diego, ha portato alla creazione di una cella fotovoltaica “pelosa”. Questa caratteristica, visibile solo a livello microscopico, è in realtà conferita da sottili nanowires in silicio. Gli scienziati sono stati in grado di crearli direttamente sulla superficie di conduttori economici in indio e stagno rivestendoli con un polimero organico. Della loro validità ne è pienamente convinto Paul Yu, professore presso la UC di San Diego e membro del progetto: “Se i nanowires saranno utilizzati massicciamente nei dispositivi fotovoltaici, allora il meccanismo di produzione e la loro applicazione sulle superfici metalliche diventerà un tema di grande importanza”. Tuttavia ci sono ancora alcuni problemi da affrontare prima che il nuovo processo arrivi sul mercato, primo fra tutti la durata del strato polimerico, che attualmente si degrada quando esposto all’aria. La seconda tecnica di produzione dei “nanofili”, potrebbe in qualche modo venire incontro agli ostacoli incontrati dalla ricerca californiana. In questo caso un team di ricercatori composto da un consorzio di università tedesche (Jena, Gottinga, Brema) e Harvard, ha messo a punto una tecnica per legare i nanowires con filamenti di vetro. L’approccio si basa su una sorta di sandwich high-tech in cui un nanowire è collocato tra il substrato inferiore conduttivo e un contatto metallico superiore, utilizzando un filato di vetro isolante, in modo da formare uno spazio che impedisca eventuali corti circuiti. Questi dispositivi possono funzionare come diodi emettitori di luce, con il colore della luce determinato dal tipo di semiconduttore utilizzato. “Poiché la nostra tecnica di fabbricazione è indipendente dalla disposizione sul substrato, si prevede di poter combinare i processi di produzione attuali a metodi di applicazione dei ‘nanofili’ su grandi superfici – spiega Federico Carpasso del team di sviluppo di Harvard e continua – Riteniamo che l’unione di questi processi possa presto fornire il necessario per consentire il controllo delle nanowires fotonici integrati nei circuiti per realizzare uno standard di fabbricazione”.
rinnovabili.it
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