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10-01-2008 |
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Gianni Silvestrini: Il nucleare è fuori mercato, per questo in Usa nessuno ci investe |
Tre o quattro centrali nucleari in Italia. E’ il sogno nel cassetto di Giuliano Zuccoli, presidente di Edison e candidato alla guida di A2A, la multiutility nata dalla fusione tra le ex municipalizzate di Milano e Brescia.
Secondo Zuccoli, ci fa sapere Il Sole 24 ore, «a breve partirà lo studio di fattibilità per verificare la possibilità di fare del nucleare in Italia».
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Le linee guida del progetto sono già state definite: coprire il 10% del fabbisogno energetico italiano con almeno 3 o 4 centrali di grandi dimensioni che «dovrebbero essere realizzate sul sistema finlandese (con un sistema innovativo di smaltimento delle scorie) e il promotore dovrebbe essere un consorzio e non una singola società poer evitare impatti sui pressi della borsa elettrica». En passant, ma giusto perché non ne può fare a meno, il quotidiano economico ricorda anche che tutto questo avverrà «a patto che si superino gli scogli legali e di stema legati al referendum che a metà degli anni Ottanta ha detto no all’energia nucleare». Appunto. Ma a parte questa quisquilia, il progetto s’ha da fare e si può partire subito, secondo Zuccoli. «Ammettiamo come fa Zuccoli che si possa mettere da parte per un momento gli aspetti giuridici – commenta Gianni Silvestrini, consulente energetico del ministero dello Sviluppo economico - La prima riflessione è che non ha senso proporre una scelta del genere in un Paese che non solo non è ancora riuscito a gestire lo smaltimento delle scorie delle vecchie centrali, ma non è neppure in grado di gestire la chiusura del ciclo di un Raee. Se non sappiamo smaltire un elettrodomestico figurarsi come possiamo pensare di gestire una centrale atomica». Ma quello che incuriosisce davvero Gianni Silvestrini sono le ipotesi economiche che sono state fatte: «In realtà tutti gli studi economici ci dicono che oggi il nucleare costa molto di più rispetto ad altre fonti. Basti pensare che negli Usa dal 2005 è stato previsto un contributo di 1,8 cent al chilowattore per i primi 6mila megawatt di nucleare. Questo contributo, che è molto vicino a quello deciso per l’eolico, si è reso necessario perché malgrado tutte le indicazioni di Bush, nessuna impresa americana ha trovato conveniente investire nel nucleare». Secondo il dipartimento energia degli Stati Uniti infatti, i costi finali degli ultimi reattori costrutti sono stati 3 volte quelli stimato all’inizio. «In Gran Bretagna l’ultima centrale è costata il doppio - continua il consulente del ministro Bersani - così come la spesa iniziale della nuova centrale in costruzione in Finlandia è passata da 3,2 a oltre 4 miliardi. E anche per questo, nonostante Zuccoli si rifaccia proprio a questo Paese, la Finlandia ha intanto rinviato di 2 anni la messa in esercizio della centrale». Numeri e fatti che evidentemente sono stati dimenticati da Zuccoli e dallo stesso presidente di Confindustria Luca Cordero di Montezemolo, che anche ieri non ha perso occasione per ribadire che «il greggio ha superato i 100 dollari al barile e ancora non abbiamo un progetto di diversificazione delle fonti che comprenda il nuovo nucleare, anche se finalmente comincia ad esserci più di una proposta». Per Silvestrini dunque lo studio di fattibilità può anche essere fatto «ma a patto che riguardi la chiusura dell’intero ciclo. Sono molto curioso di vedere che numeri vengono fuori – conclude - Il nucleare è fuori mercato non per colpa o merito di qualcuno, ma semplicemente perché esistono altre soluzioni che sono molto più economiche».
greenreport
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