L’industria del solare fotovoltaico è uno dei settori dalla crescita più veloce. Solo negli ultimi due anni ha attirato miliardi di dollari di investimenti. Io ho assistito a questo processo da vicino, sia nel mio lavoro con la società britannica «Solarcentury» sia perché sono direttore del primo fondo al mondo che investe unicamente nel solare.
Perché si tratta di una questione tanto importante? Prima di tutto perché ogni nazione deve gestire una ritirata intelligente dal carbone. Se vogliamo che le nostre economie prosperino, dobbiamo lasciarlo dov’è, vale a dire nel terreno, insieme con la gran parte di ciò che resta del petrolio e del gas. E’ il motivo per cui dobbiamo mobilitare - come se ci trovassimo in guerra - tutta la «famiglia» dell’energia pulita, di cui il solare è un esponente fondamentale.
Sebbene il fotovoltaico abbia bisogno solo della luce per funzionare - e questo è il motivo per cui il suo utilizzo cresce in Germania e in Gran Bretagna - genera le prestazioni migliori nelle nazioni più soleggiate. Ecco perché l’Italia è il Paese perfetto per mettersi in prima fila nella corsa al solare.
Perché, allora, dobbiamo voltare a tutti i costi le spalle al carbone? I climatologi hanno preparato molte simulazioni sul futuro e quasi tutte evidenziano un dato inequivocabile. Se vogliamo evitare di saturare il pianeta oltre la soglia di pericolo - quella di 450 parti per milione di diossido di carbonio nell’atmosfera - possiamo continuare a bruciare i combustibili fossili in quantità che non eccedano alcune centinaia di miliardi di tonnellate.
Le stime dell’industria suggeriscono che le riserve disponibili di petrolio superano largamente questa cifra, comprese quelle degli scisti bituminosi. E lo stesso vale per i depositi di gas, convenzionali e non convenzionali. Quanto alle riserve di carbone, sono valutate addirittura in alcune migliaia di miliardi di tonnellate. Anche se è probabile che i sostenitori dei carburanti fossili tendano a esagerare le stime, è chiaro che la stragrande maggioranza del carbone ancora disponibile deve restare sepolto al suo posto, se vogliamo evitare una catastrofe climatica.
D’altra parte, le tecnologie per la cattura e l’immagazzinamento del diossido di carbonio richiederanno almeno un altro decennio, se le si vuole impiegare per ottenere risultati significativi. Ecco perché dobbiamo abbandonare il carbone, a meno di essere disposti a scommettere che gli allarmi dei climatologi siano sbagliati. Ma faremmo meglio a non rischiare: giocheremmo alla roulette con la civiltà umana come pegno. Basta ricordare la recente grande siccità in Australia e le alluvioni del 2007 nell’Inghilterra centrale, moltiplicarle molte volte, e poi chiedersi se ci si può ancora persuadere che tutto andrà per il meglio.
E, allora, proviamo a ipotizzare di essere in grado di mobilitare la volontà popolare per una guerra contro il riscaldamento globale. Che prezzo dovremmo pagare? Nel mio libro «Fine Corsa» ipotizzo che le fonti rinnovabili, insieme con una maggiore efficienza energetica, possano sostituire completamente il carbone già entro pochi decenni, limitando così gli effetti peggiori del riscaldamento globale. I costi delle celle solari scendono a un tasso di circa il 20% ogni volta che l’industria raddoppia la loro produzione e, al momento, questo processo si verifica ogni due anni. I costi del fotovoltaico, in effetti, già oggi sono minori in alcuni mercati di quelli dell’elettricità tradizionale ed entro il 2010 saranno minori rispetto a quelli elettrici anche nella maggior parte delle nazioni sviluppate. Nel frattempo, naturalmente, il prezzo dell’elettricità inquinante non fa che salire. La conseguenza è che le tariffe di quella di origine solare e di quella tradizionale finiranno per incrociarsi entro i prossimi anni nella maggior parte del mondo. A quel punto emergerà un mercato di massa e il solare non dovrà più dipendere dagli incentivi di qualche governo, alla base dell’attuale crescita accelerata. Le opinioni pubbliche saranno quindi sorprese da come il solare e le altre tecnologie a basse emissioni invaderanno i mercati.
Il futuro, quindi, può rivelarsi promettente, ma dipenderà dalla nostra intelligenza collettiva e dalla determinazione di applicare le nuove tecnologie. Molto sarà anche legato alle capacità innovative del business del solare in tutto il mondo e da come disegnerà i suoi prodotti e li lancerà sui mercati. L’Italia è internazionalmente nota per il design, l’innovazione e il marketing. L’industria del solare, da voi, avrà un futuro luminoso.
Chi è Leggett Geologo RUOLO: HA LAVORATO PER L’INDUSTRIA PETROLIFERA E ATTUALMENTE E’ PRESIDENTE DELLA SOCIETA’ BRITANNICA «SOLARCENTURY» CHE LUI STESSO HA FONDATO. IL LIBRO: «FINE CORSA» - EINAUDI.
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