Questo sito utilizza cookie, anche di terze parti. Per maggiori informazioni, leggi l'informativa estesa Cookie Policy.
Chiudendo questo banner, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

ITA
Text-A-A-A
Cerca:
Newsletter Conto Energia Lavora con noi Faq Glossario
Home > News > De Boer: «India da imitare per il Clean development mechanism» Invia
stampa
 
 

 
NEWS
25-01-2007 TUTTE LE NEWS
De Boer: «India da imitare per il Clean development mechanism»
La mancanza di un indirizzo globale sul cambiamento climatico, causata da un timore per le difficoltà economiche che le misure necessarie potrebbero portarsi dietro, sta impedendo seriamente gli sforzi per combattere il riscaldamento globale, tanto che Yvo de Boer, segretario esecutiva della convenzione sul cambiamento climatico dell´Onu (Unfcc), ha detto nella capitale indiana Nuova Delhi che nel prossimo summit sullo sviluppo sostenibile si discuterà soprattutto di questo.
 
«I paesi industrializzati – spiega de Boer - temono di dare un vantaggio economico, di avere un gap di concorrenzialità verso i loro competitori dei paesi in via di sviluppo e sono quindi riluttanti a prendere essi stessi le prime misure. I paesi in via di sviluppo temono che un nuovo round delle trattative sul clima imporrebbe loro obblighi che danneggerebbero i loro obiettivi economici. La chiave del problema – ha aggiunto il segretario Unfcc - è di fornire i motivi per le economie per svilupparsi lungo un percorso più verde e di mettere in campo i meccanismi per accertarsi che le risorse necessarie siano disponibili». De Boer ha indicato l´India come esempio: «l´India sta dimostrando che indicando che la protezione del clima e di sviluppo economico sono lontani dall´essere reciprocamente escludenti. Il paese già ha 155 progetti registrati di Cdm, con altri 400 progetti in corso» ha detto riferendosi allo sviluppo del Clean development mechanism, il meccanismo flessibile previsto dal Protocollo di Kyoto attraverso il quale i paesi industrializzati e le economie in transizione possono realizzare, nei paesi in via di sviluppo, progetti di riduzioni di emissioni di gas serra e trasferire questi benefici, i famosi crediti, sull´obbligo relativo al proprio paese. I progetti di Cdm dell´India vanno da un impianto a biomasse nel Ragiastan ad una centrale eolica in Karnataka e si stima che producano circa 300 milioni di riduzioni di emissioni certificate (Cers) entro la fine del 2012. Ogni Cer rappresenta una tonnellata di equivalente di anidride carbonica che può essere commercializzata sul mercato internazionale del carbonio. Dal 2005, il potenziale delle riduzioni di emissioni attraverso i Cdm si stima si sia moltiplicato giungendo a 1.5 miliardi di tonnellate, equivalenti alle emissioni dell´Australia, del Canada e dell´Olanda messe insieme. «Mentre è chiaro che il Cdm sta funzionando in India – ha detto de Boer - è anche chiaro che per gli stessi motivi i Cdm sono necessari per avere un effetto significativo sulla protezione del clima del mondo». I dati scientifici più recenti suggeriscono che sono necessari tagli molto più forti del 5% in meno rispetto alle emissioni del 1990 nei paesi industrializzati previsti dal protocollo de Kyoto, tanto che la stessa Commissione Europea ne richiede le riduzioni del 60 / 80% per cento entro la metà del secolo. Presso l´Unfccc sono in corso colloqui e trattative sulla necessità di un patto globale per combattere il cambiamento di clima, realizzando canali d´investimento verde nelle diverse economie in veloce crescita che, come l´India, sono lanciate verso il sorpasso dei paesi sviluppati nei prossimi decenni. Intanto, la comunità degli affari mondiale chiede assicurazioni sulla continuità per il livello attuale di mercato anche oltre 2012, l´anno che segna il termine del primo periodo di impegno del protocollo de Kyoto. Per de Boer «un accordo sul post 2012 è necessario appena possibile. Senza misure di lunga durata per il mercato del carbonio ci sarebbe un rischio significativo per i valori di emissioni di CO2 oltre 2012. Su questo i paesi industrializzati devono prendere il comando».

greenreport