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07-01-2008 |
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I conti del petrolio non tornano più |
Se l´intero mondo in via di sviluppo ce la facesse a riguadagnare il divario che lo separa da quello ricco, sarebbe come moltiplicare di svariate volte il fattore demografico, ovvero come se il pianeta divenisse popolato da circa 72 miliardi di persone... |
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Il petrolio ha raggiunto la cosiddetta soglia psicologica dei 100 dollari al barile. Ma ormai la notizia non sembra suscitare nemmeno un grande scalpore, tanto siamo abituati alla crescita dei prezzi della principale fonte energetica più usata sul pianeta. Destinata ad esaurirsi in tempi anche abbastanza brevi, nonostante le notizie volutamente tranquillizzanti (che non più tardi di novembre arrivavano da più parti) sulla sua tenuta in termini di quantità ancora estraibili.
Una impennata dei prezzi con cui le economie mondiali sono costrette a fare i conti da diversi anni, cui la guerra in Iraq (che per il petrolio è nata) e la crescita vertiginosa dell´economia dei paesi quali India e Cina ha contribuito a rendere sempre più imponente.
Adesso- avverte Joseph Stiglitz- è arrivata la resa dei conti, e potrebbe essere vicina la fine di una stagione, che definisce (lui, ndr) positiva per l´assottigliarsi del divario tra il mondo in via di sviluppo e quello sviluppato. Adesso, sottolinea l´economista premio Nobel, i tre fattori che hanno aiutato il mondo a convivere con questa congiuntura petrolifera, e che hanno comunque permesso una crescita economica globale, sono arrivati al traguardo.
Individuando i tre fattori nel consistente aumento di produttività della Cina che ha così esportato la propria deflazione di cui si sono avvantaggiati gli Stati Uniti, nell´ abbassamento dei tassi d´interesse con creazione di mutui accessibili a tutti producendo una enorme bolla del mercato immobiliare, e infine nel fatto che i lavoratori di tutto il mondo abbiano accettato salari sempre più bassi rispetto al reale potere d´acquisto.
Il gioco è quindi finito e i nodi vengono al pettine. E si rivela che una globalizzazione basata sull´esclusiva cifra del mercato, nonostante che i veri motori mondiali della crescita economica negli ultimi anni siano stati i paesi in via di sviluppo che hanno potuto così raggiungere mediamente standard di vita qualitativamente migliori, non tiene e non ha prospettive di futuro.
E il perché lo si capisce leggendo un altro articolo, pubblicato sempre su Repubblica.
L´attuale divario dei consumi tra un paese ricco e uno in via di sviluppo è pari a un fattore 32 avverte Jared Diamond, professore di geografia dell´Università della California: questo significa che "il tasso medio con il quale nel primo si consumano risorse quali petrolio e metalli producendo rifiuti come plastiche e gas serra è di circa 32 volte più alto". Che è come dire che mentre un cittadino americano o europeo ha un tasso di consumo pari a 32, un africano lo ha quasi sempre pari a 1 e un cittadino cinese, che è in concorrenza con gli Usa nel mercato globale per il petrolio e i metalli, in un paese con un´ economia in forte crescita rispetto a quella americana ormai in fase di declino, ha tassi di consumo procapite tuttora 11 volte più bassi rispetto ad un americano.
Alla faccia, verrebbe da dire, "dell´assottigliarsi del divario" di cui parla Stiglitz! Ma l´obiettivo delle popolazioni dei paesi in via di sviluppo è quello di raggiungere gli stessi standard di vita (e quindi di consumi) dei paesi ricchi. E se solo
avvenisse- avverte Diamond- che l´intero mondo in via di sviluppo ce la facesse a riguadagnare il divario che lo separa da quello ricco, sarebbe come moltiplicare di svariate volte il fattore demografico, ovvero come se il pianeta divenisse popolato da circa 72 miliardi di persone. Uno scenario tanto inquietante quanto impossibile da immaginare. Ma che aiuta molto bene a comprendere quanto sia improponibile continuare a pensare negli attuali termini di consumi e di sperpero di materie prime, che necessita di consumi energetici e di materia in continua crescita e di quanto sia invece necessario e urgente ripensare una economia a scala globale in chiave ecologica.
Non è tanto il pianeta a chiederlo, che potrà continuare ad esistere nell´attuale sistema solare o chissà in quale altro. Ma sono gli uomini che su di esso vivono che ne hanno assoluta esigenza. E ogni giorno che passa diventa sempre più evidente. (Lucia Venturi)
greenreport
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