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28-01-2008 |
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Perché convengono le energie rinnovabili: ripassiamo la lezione |
Cambiare l’atteggiamento culturale verso una determinata tematica è forse la cosa più difficile a farsi, ancor più di superare i problemi tecnologici o le pastoie burocratiche. |
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Lo dimostrano le reticenze che ancora accompagnano le trasformazioni nei sistemi di gestione dei servizi, dai rifiuti ai trasporti alla produzione energetica.
In particolare per quanto riguarda la produzione energetica, dove si registra ancora una diffusa resistenza a vedere nelle energie rinnovabili la principale risorsa per il futuro. Nonostante i dati del settore segnalino invece un forte slancio sia per quanto riguarda l’energia solare (termica e fotovoltaica) che ad esempio in Italia ha fatto registrare una crescita del 20%, con una potenza complessiva raddoppiata in un anno, sia per l’energia che, come segnala il Global wind energy council, si conferma come uno dei maggiori protagonisti del mercato energetico planetario, con investimenti di circa 25 miliardi di euro per la realizzazione di nuovi impianti.
Da non dimenticare poi il fatto che la politica energetica a livello europeo affida una fetta importante al contributo alla lotta dei cambiamenti climatici, alle energie rinnovabili, tanto da fissare obiettivi del +20% al 2020.
Obiettivi su cui paesi come la Germania, ad esempio, stanno già lavorando da tempo, avendo capito che oltre al vantaggio energetico la strada delle energie rinnovabili può garantire un plus occupazionale e riflessi industriali di notevole rilievo economico.
Ma c’è ancora chi sostiene ed argomenta, invece, che l’energia dal sole sia l’energia del passato. Quella cioè di cui l’umanità si è servita quando ancora non conosceva la tecnologia. Ed il fatto che oggi per lo sfruttamento di questa fonte si possano utilizzare anche moderne tecniche non sposta di tanto il problema.
Perché una delle questioni che viene spesso addotta a dimostrare l’inutilità di affidarsi a tale fonte energetica è che a fronte della grande quantità di energia di cui disponiamo grazie all’irradiazione solare, è minima la quantità di cui possiamo disporre sia per effetto dell’efficienza di trasformazione dell’energia termica fornita dal sole in energia elettrica, sia per il fatto che di notte non è possibile produrla.
In realtà non solo già utilizzare l’energia solare per i fabbisogni di acqua calda e di riscaldamento, quindi sfruttandone direttamente l’energia termica, potrebbe far risparmiare ingenti quantità di metano, ma l’energia elettrica prodotta tramite il sistema fotovoltaico può essere immessa in rete e quindi utilizzata da altra parte dove è prodotta, superando il problema del suo immagazzinamento. Del resto anche l’energia elettrica prodotta da fonti fossili una volta generata deve essere utilizzata. Ma quello che porta a ingannevoli equivoci è la comparazione tra il sistema energetico attuale, basato sulla produzione centralizzata e quello distribuito, che meglio si presta invece soprattutto alle fonti solari, e che garantisce il fabbisogno laddove si produce, mentre il surplus può essere messo in rete ad uso di chi lo richiede.
Come porta ad inevitabili errori il paragone che spesso viene fatto sulla totale sostituzione di una fonte (quella fossile) con l’altra( quella rinnovabile) rispetto al fabbisogno energetico.
Nessuno che abbia una minima cognizione in merito alle energie rinnovabili potrebbe mai ipotizzare di cercare di soddisfare tutto il fabbisogno energetico con il solo eolico o il solo fotovoltaico. Come nessuno potrebbe ipotizzare di sostituire tutta l’attuale richiesta di carburanti petroliferi con i biocarburanti.
A parte il fatto che dovremmo cominciare in maniera più convinta a diminuire le richieste di energia e di carburante, ripensando gli attuali sistemi energivori sia nel settore dei consumi elettrici sia per quello dei trasporti, è poi evidente che un impiego “costruttivo” delle energie rinnovabili richiede intanto una combinazione fra diverse tecnologie di generazione; e non solo tra eolico e fotovoltaico ma anche fra altre fonti che la natura e le caratteristiche del territorio rendono fruibili.
Le energie rinnovabili non sono solo più diversificate, ma sono anche più diffusamente distribuite sul pianeta: la combinazione sarà quindi determinata da fattori quali l’intensità di insolazione piuttosto che la forza dei venti dominanti, la presenza o meno di potenziale idroelettrico o forestale o la disponibilità e qualità del terreno per produrre biomasse.
Anche sull’aspetto che descrive le energie rinnovabili come antieconomiche a causa del costo materiale più elevato che caratterizzerebbe la generazione elettrica locale rispetto alle grandi centrali elettriche, e che per essere abbordabile necessita degli incentivi pubblici, si può argomentare.
Ma se anche sul tema degli incentivi ci sarebbe molto da riflettere, dato che sino ad ora il 90% di quanto erogato tramite il Cip 6 e l’exCip6 è andato a fonti fossili, o che spesso la costruzione di grandi centrali tradizionali è stata spalmata sulle bollette dei consumatori finali, quello che non viene mai considerato è la lunga catena di approvvigionamento dell’energia da fonti fossili, dall’estrazione al trasporto e dalla produzione alla distribuzione, che ha i suoi costi e che andrebbero contabilizzati.
Al contrario la generazione elettrica da fotovoltaico o da eolico necessita di pochi passaggi: quindi filiere corte e impianti di generazione relativamente semplici, requisiti che potrebbero offrire il vantaggio di un maggiore potenziale di produttività a costi paragonabili se non più bassi.
Ma appunto, per poter comprendere tutte le opportunità offerte dall’uso delle energie rinnovabili, è necessario che vi sia un cambiamento culturale, un diverso approccio che porti ad una trasformazione profonda del modello energetico attuale. Cambiamento che come per altri settori è difficile che avvenga in tempi brevi, soprattutto nel nostro paese, dove l’elemento pregiudiziale è spesso quello che domina.
greenreport.it
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