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13-11-2006 |
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Biocarburanti, in Toscana un progetto da 3,4 milioni per coltivare girasoli |
E’ stato il professor David Chiaramonti del Crear (Centro interdipartimentale di ricerca e energie alternative e rinnovabili dell’Università degli Studi di Firenze) a presentare nei giorni scorsi il “Progetto olio vegetale puro” noto come Voice (Vegetable oil initiative for a cleaner environment).
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«L’olio vegetale puro, di girasole o di colza - introduce Chiaramonti- è la materia prima utilizzata per la produzione di biodiesel tramite un processo di “esterificazione” che avviene in impianti dedicati e che ne modifica le caratteristiche chimico fisiche, rendendo questo biocombustibile simile al gasolio tradizionale e compatibile, in miscela al 5 %, con gli impianti di distribuzione ed i motori convenzionali. L’olio vegetale puro ad alta qualità, può però essere utilizzato anche tal quale in motori e turbine per la generazione di energia elettrica, od in motori diesel per la trazione, purché questi sistemi vengano opportunamente adattati e convertiti».
Chiaramonti si è poi soffermato sui vantaggi dell’utilizzo dell’olio vegetale puro rispetto al biodisel. «Uno dei principali vantaggi dell’utilizzo dell’olio puro è quello di poter essere prodotto ed utilizzato in loco dagli agricoltori, realizzando la cosiddetta “filiera corta”, che risultano quindi i beneficiari principali del valore aggiunto finale del prodotto. Con il biodisel, vista la complessità del processo, gli agricoltori partecipano a questa filiera solamente come fornitori, sostenendo la concorrenza di oleaginose provenienti da Paesi quali Malesia, dove la materia prima (ad esempio olio di palma) viene prodotta a costi decisamente inferiori rispetto a quelli Europei e Nazionali ma senza alcun controllo sulla sostenibilità della coltivazione stessa».
Il progetto Voice si inserisce perfettamente nel quadro generale della politica energetica del nostro Paese, data la necessità di sviluppare interventi nel settore delle fonti rinnovabili di energia visto che l’Italia si è impegnata, nell’ambito del protocollo di Kyoto, a ridurre le emissioni di gas serra del 6.5 % rispetto al 1990 (ad oggi si registra invece un aumento delle stesse pari a circa il 13 %).
Inoltre il progetto coglie i mutamenti che sono in atto nel settore agricolo con la riforma della politica agricola comunitaria, che sta aprendo la porta a nuove soluzioni alternative alle classiche produzioni alimentari, in cui la produzione di biomassa per la generazione di energia (nota come “agroenergia”) rappresenta una interessante opportunità.
«Da un punto di vista ambientale - prosegue Chiaramonti - studi del Comitato termotecnico italiano mostrano che l’utilizzo di olio vegetale puro al posto dell’equivalente energetico di 1 kg di diesel, consente di evitare l’emissione di circa 1.8 kg di CO2 con una riduzione pari a circa il 50 % (con il biodiesel abbiamo una riduzione di circa 1.4-2.4 kg di CO2, circa il 40-70 %). A questo si aggiungono benefici in termini di emissioni pressoché nulle di ossidi di zolfo, una significativa riduzione di emissioni di particolato, e la totale biodegradabilità del combustibile stesso».
Nella nostra regione ci si sta orientando verso l’utilizzo del girasole (interessante anche per la coltivazione di terreni marginali ed a riposo) che offre maggiori potenzialità rispetto alla colza (nel 2005 vi erano 26937 ettari coltivati a girasole a fronte di 835 ettari coltivati a colza), ma l’uso di olio di girasole puro richiede l’esecuzione di verifiche funzionali e l’adattamento dei sistemi convertiti per la colza, in quanto l’olio di girasole non presenta le stesse caratteristiche del colza.
Il progetto (il cui costo complessivo è pari a circa 3,4 milioni di cui 1,7 concessi dal programma Life-Ambiente che finanzia progetti innovativi), in concreto vedrà la coltivazione di numerosi ettari del territorio toscano a girasole alto oleico, sperimentando diverse varietà e tecniche colturali. Le fasi di meccanizzazione saranno analizzate al fine di ottenere il miglior rapporto costi (aspetti energetici ed emissioni serra), benefici (combustibile prodotto per ettaro).
Verranno poi sperimentate e confrontate attentamente sia forme di estrazione decentralizzate (a livello di azienda agricola o consorzio) che centralizzate (in impianti agroindustriali) dato che la fase di produzione dell’olio rappresenta un elemento cruciale per la qualità del prodotto (olio combustibile) e per la sua compatibilità con gli impianti. Sarà poi analizzato il mercato del coprodotto (panello proteico o farina che rappresenta anche il 65% del prodotto complessivo) della fase di estrazione dell’olio.
Da un punto di vista impiantistico il progetto vedrà la conversione ed il collaudo sia di motori diesel cogenerativi di micro (5 kWe) e piccola (50-100 kWe) taglia, che microturbine e micro-motori Stirling. Sarà infine verificata anche la possibilità di generare calore per alimentare per alimentare serre o scuole tramite la conversione ed il collaudo di un certo numero di impianti.
«Sarebbe stupido dire o solo pensare che con questi progetti si risolvono i problemi energetici ed ambientali del pianeta - conclude David Chiaromonti - tra l’altro sono allo studio biocombustibili di seconda generazione che offrono maggiori rendimenti e minori impatti, ma pensiamo di dare un contributo nella giusta direzione».
greenreport.it
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