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17-11-2006 |
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Energia: dove l'Europa rischia |
Per le forniture, l'Unione è sempre più dipendente dall'estero. Così adesso qualcuno pensa che sia il momento di cambiare rotta.
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Per un cittadino italiano, che ha il poco invidiabile primato della bolletta elettrica più cara d'Europa, trovarsi all'improvviso senza luce o riscaldamento in casa suona quasi una beffa. O, almeno, un paradosso incomprensibile. Tanto più in un paese fra i più industrializzati al mondo, che vanta due colossi energetici come Eni ed Enel. Eppure succede, ormai piuttosto di frequente. Anche se il problema non riguarda solo l'Italia.
L'ultima volta, in ordine di tempo, è accaduto la settimana scorsa, quando il blackout partito dalla Germania ha lasciato al buio 10 milioni di europei in ben otto paesi diversi, fra cui cinque regioni italiane. Cosa è successo? Gli accertamenti sono ancora in corso ma ufficialmente l'Ucte, il gruppo che riunisce gli operatori della rete elettrica europei, parla di uno «squilibrio» nella fornitura.
Il primo disturbo si è verificato nella popolosa regione Nordreno-Vestfalia, pare per un effetto combinato fra la chiusura di una linea ad alta tensione, una caduta di frequenza, un sovraccarico della rete e una forte immissione di corrente elettrica da eolico dal Nord (non bilanciata da un'adeguata riduzione delle altre fonti). Da qui, con un effetto domino, il disservizio si è esteso agli altri paesi connessi dalla rete elettrica.
Sono entrati in funzione i distacchi automatici, che agiscono un po' come un salvavita: interrompono il flusso di elettricità nei punti di scambio decisivi per evitare che la crisi si allarghi a zone più ampie. Anche se il sistema ha retto meglio che in passato, l'Ucte ammette che si è sfiorato il «blackout totale dell'Europa». Insomma, poteva andare molto peggio.
L'episodio ha riacceso i riflettori sulla questione energetica. Che interesssa di più l'Italia per via della sua cronica dipendenza dall'estero. Ma che tiene in scacco tutto il Continente. L'Europa è stretta in una specie di morsa: da una parte c'è la sicurezza della rete elettrica interna che, come toccato con mano, può sempre andare in tilt; dall'altra c'è la questione dell'approvvigionamento energetico dall'esterno.
Partiamo dal primo punto. La rete elettrica europea è un sistema interconnesso simile ai vasi comunicanti. Quando c'è un incidente o un calo di tensione improvviso, esso attinge prima alle riserve nazionali e poi si rivolge ai fornitori esteri. Sulla carta questi dovrebbero assicurare i watt mancanti. Ma nulla garantisce che così accada se, per esempio, il consumo interno di un paese in quel momento assorbe più elettricità del previsto.
Non solo. Come nel caso delle ferrovie, anche la griglia elettrica è un insieme di 25 sistemi diversi. Ognuno con importazioni ed esportazioni di risorse controllate. Oggi, però, la capacità della rete è congestionata lungo un buon numero di snodi di confine.
Fra il 1995 e il 2001 sono stati spesi circa 123 milioni di euro per migliorare la rete energetica europea (69 milioni per il gas, 54 per l'elettricità). Ma non è bastato. Secondo le ultime stime della Commissione europea, la realizzazione dei progetti prioritari per completare il lavoro richiede altri 42.252,40 milioni di euro da qui al 2013. E c'è chi torna a invocare anche un maggiore coordinamento nell'Ue.
(Anna Maria Angelone)
www.panorama.it
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