fronte della necessità di drastiche riduzioni delle emissioni climalteranti nei prossimi decenni il mondo cerca tecnologie e politiche efficaci. A parte l’aumento dell’efficienza energetica, soluzione su cui tutti concordano, tre opzioni si contendono attenzione e finanziamenti.
Innanzitutto il nucleare, che forti interessi cercano di riportare alla ribalta dopo un paio di decenni di difficoltà. Molti dei problemi iniziali rimangono e bisognerà aspettare una ventina di anni per verificare costi e affidabilità dei reattori di quarta generazione. E intanto i prezzi dell’uranio vanno alle stelle, con aumenti di quasi 20 volte dal 2001. Peraltro, l’incidente alla centrale nucleare giapponese di Kashiwazaki causato da un terremoto di magnitudo 6,8 nella scala Richter raffredda gli entusiasmi di coloro che puntano su di un rilancio dell’ipotesi atomica e preoccupa un’opinione pubblica alla quale non si è ancora potuto spiegare, dopo 40 anni, come verranno smaltite le scorie radioattive.
La seconda opzione, cara in particolare ai produttori di petrolio e di carbone, è data dal sequestro sotterraneo dell’anidride carbonica. Per queste industrie la praticabilità della rimozione del carbonio è questione di sopravvivenza. Anche in questo caso non sono esclusi rischi sanitari importanti e non si conoscono i costi reali delle operazioni di cattura e isolamento.
Per entrambe le opzioni, il nucleare e la “carbon sequestration”, è giusto che venga accelerata l’attività di ricerca in modo da valutarne efficacia e costi.
Detto ciò, rimane la terza soluzione, quella dello sviluppo su larga scala delle fonti rinnovabili che sembra la più promettente e che non presenta controindicazioni di carattere ambientale tali da sbarrarne la crescita.
Ma se analizziamo la destinazione delle attività di ricerca dei Paesi industrializzati ci accorgiamo che il nucleare assorbe finanziamenti 5 volte superiori rispetto alle energie verdi. E non ci si deve stupire se il sequestro dell’anidride carbonica sta attraendo crescenti risorse.
Insomma non vorremmo che le fonti rinnovabili vedessero rallentata la diffusione per un’attenzione troppo modesta in termini di ricerca e innovazione rispetto al gigantesco potenziale che rappresentano.
Gianni Silvestrini
18 luglio 2007
qualenergia
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