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12-11-2008 TUTTE LE NEWS
Eolico e sostenibilità: quando la partecipazione non dà "alternative"
Domenica scorsa i 143 residenti di Piancaldoli, paesino dell’alta valle del Sillaro, che dal versante toscano si apre sull’Emilia fino ad arrivare agli stagni di Argenta, sono stati chiamati alle urne per esprimere il loro consenso sul progetto di parco eolico che dai primi anni 2000 diverse aziende provano a portare avanti.
 
Il referendum, promosso dalla Pro loco ha visto partecipare il 60% della popolazione ovvero calcolatrice alla mano 85 persone. Di queste, 57 hanno votato no, 28 hanno votato sì e 58 non sono andate a votare. Il sindaco di Firenzuola, comune di cui fa parte Piancaldoli, si è affrettato a dire che terrà conto del referendum, ricordando però che i risultati vanno letti fra le righe e sostenendo quindi che i 58 cittadini che non sono andati alle urne sarebbero quantomeno non contrari alle torri eoliche. In questo caso, è ovvio, i numeri sono risibili e la consultazione non è vincolante per le istituzioni coinvolte nella scelta definitiva (che viene rinviata ormai dagli inizi del nuovo secolo, che ha portato oltre a diverse correzioni e riduzioni anche a un passaggio di testimone tra la prima azienda proponente, la spagnola Gamesa, e l’italiana ReWind, attualmente titolare del progetto). Politicamente il referendum, come qualsiasi consultazione elettorale, rientra a pieno titolo nelle dinamiche della partecipazione. E questo remoto paesino dell’Appennino toscano-emiliano (a proposito, sul versante emiliano a pochi metri dal confine è già stato approvato un progetto di parco eolico e sono cominciati i lavori per la sua costruzione) dimostra chiaramente come la partecipazione non sia dogmaticamente e per forza sinonimo di sostenibilità, soprattutto in una fase come quella attuale in cui il mondo comincia a prendere cognizione del fatto che gli investimenti necessari a porre rimedio alla crisi del clima sono esattamente gli stessi che occorre intraprendere per risolvere la crisi economica e la crisi energetica; in uno Stato in cui ci si aggrappa agli specchi scivolosi della competitività per implorare sconti perché fino ad oggi non si è fatto nulla per abbattere le emissioni; in una regione in cui si adotta un piano energetico ambizioso, che per l’eolico punta ad avere 300 MW al 2010. Ma l’eolico che tra le fonti rinnovabili è l’unica che già oggi in alcuni contesti favorevoli risulta competitiva con le fonti fossili senza bisogno di sussidi, sconta contraddizioni di tipo sociale al pari di altri impianti: un tempo si guidava la crociata contro le pale e il suo rumore, più raramente ipotizzando interferenze elettromagnetiche, mentre recentemente tutta la battaglia contro l’energia del vento sembra essere stata impostata su due fronti: quello della minaccia per l’avifauna e quello della minaccia estetica (valore assai soggettivo) nei confronti del paesaggio. Ora, pur sapendo bene la necessità di una distinzione qualitativa dell’avifauna anche dal punto di vista della biodiversità (detto brutalmente: un´aquila “vale” molto di più di un gabbiano) il confronto tra il numero di uccelli che possono essere “frullati” da un parco eolico è risibile rispetto al numero di quelli che si schiantano sulle barriere fonoassorbenti autostradali, o che vengono risucchiati nei motori degli aerei (708 impatti solo in Italianel 2007, l’ultimo ieri a Ciampino e quasi mai si tratta di singoli uccelli, ma di veri e propri stormi). Eppure nessuno è mai insorto per chiedere che venga ridotto il traffico perché uccide ogni giorno decine di volatili, né tanto meno per chiedere che vengano tolte le barriere antirumore dalle autostrade (!). Così come nessun referendum è stato mai fatto (limitiamoci alla Toscana, di cui possiamo esserne certi) per approvare la costruzione di centrali a biomasse vegetali (olio di palma da Indonesia e Malesia dove per far posto alle piantagioni di questa palma si distruggono foreste vitali al punto di vista della biodiversità) come quelle approvate con determina dirigenziale dalla Provincia di Livorno in barba allo stesso Pier che pure boccia ogni centrale che non preveda lo sfruttamento di biomasse a filiera corta sul territorio. Se non si imposta (e non si pratica a tutti i livelli) una politica energetica orientata alla sostenibilità, ovvero: risparmio, efficienza, energie rinnovabili (eolico compreso) e gas come fonte transitoria, c´è da scommetterci che saremo costretti a tenerci petrolio e carbone. Con il nucleare alle porte. (Diego Barsotti)

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