Massimo Scalia, fisico e docente dell’università La Sapienza di Roma.: «Molti di noi speravano in questa vittoria. Io personalmente mi sono anche iscritto su facebook nel gruppo pro Obama insieme ad un paio di milioni di persone da tutto il mondo. Il voto di oggi significa speranza di cambiamento, significa una politica diversa da quella di Bush e che avrà come proprio filo conduttore l’energia: se Bush s’è inventato le armi di distruzione di massa per andarsi a prendere il petrolio come era già stato fatto anche nel ‘73 e nel ‘91, Obama invece ha un programma arditissimo per arrivare fino al 90% di riduzione della Co2, un programma in sintonia con la rivoluzione energetica europea. Solo i negazionisti italiani non hanno capito che il futuro è nell’innovazione tecnologica, nei nuovi modelli produttivi, ma soprattutto nel passaggio da una società ad alta intensità energetica con produzioni fortemente accentrate a una società basata invece sulle energie diffuse sul territorio e sulla organizzazione intelligente dello sfruttamento di queste risorse».
Gianni Silvestrini, direttore scientifico del Kyoto club e della rivista QualEnergia «Sul clima e l’ambiente ci saranno i cambiamenti maggiori della politica americana, insieme alla pozione sulla guerra in Irak. Con Obama gli Stati Uniti rientreranno in scena sul fronte della lotta ai cambiamenti climatici, e lo faranno con una posizione da leader: il primo passo sarà l’introduzione di uno schema analogo all’emission trading europeo, ma con un pagamento che consentirà di finanziare le energie rinnovabili con 15 miliardi di euro l’anno. Obama penalizzerà anche le centrali a carbone, mentre sul nucleare l’atteggiamento è tiepido, in sostanza “quelle che abbiamo ce le teniamo, ma non faremo nuove centrali se prima non risolveremo il problema delle scorie”».
Ermete Realacci, ministro dell’ambiente del governo ombra «E´ chiaro che fra le tante novità della vittoria di Obama, c´è anche un grande salto culturale per le sfide ambientali che ha di fronte l´America e il mondo. La battaglia contro i cambiamenti climatici ha un nuovo protagonista. L´America non è più la pecora nera e l´Europa è meno sola. Sono invece più soli ed isolati Paesi come l´Italia che non hanno capito che questa è la sfida per il futuro e per l´innovazione»
Fabrizio Vigni, presidente Ecologisti democratici «La vittoria di Obama è una pagina di storia per gli Stati Uniti. Anche per il futuro delle politiche ambientali globali si aprono nuove prospettive: Se ne va Bush che tra le sue gravi responsabilità ha anche quella di essersi sempre opposto al protocollo di Kyoto, ed arriva un presidente che intende invece ridurre le emissioni, investire 150 milioni di dollari sulle energie rinnovabili, scommettere sull’ambiente come opportunità per l’economia del futuro. Se all’impegno dell’Europa per il clima e l’energia, con il piano 20 – 20 – 20, si accompagnerà una svolta nelle politiche ambientali degli Stati Uniti, sarà meno difficile un cambio di marcia nella trattativa globale per la lotta ai cambiamenti climatici. E potrebbe aprirsi una nuova stagione anche per l’economia, con un ‘new deal’ orientato verso la sostenibilità ecologica e sociale».
John Passacantando, direttore esecutivo di Greenpeace Usa «Gli americani non si sono fatti prendere in giro dai milioni di dollari che le compagnie petrolifere e del carbone hanno speso durante le elezioni per far deragliare la vera soluzione, o dagli allarmismi dell’ultimo minuto sui costi finanziari per ripulire la nostra economia. Il nuovo eletto Presidente Obama ha dichiarato che il cambiamento di cui abbiamo bisogno include persone che lavorino per affrontare i cambiamenti climatici e investimenti in un futuro energetico pulito, e gli americani - con numeri storici - hanno risposto a questa visione».
Wwf Le elezioni presidenziali americane non riguardano unicamente le sorti di una nazione, ma scandiscono il tempo e dettano le regole di convivenza nel mondo intero. E’ quindi tempo, occasione di bilanci ed auspici. I primi segnali di un vero cambiamento, secondo il Wwf, si vedranno dai comportamenti della nuova amministrazione americana sul clima. Il nuovo Presidente, per fare la differenza, deve rendere i cambiamenti climatici la priorità della politica interna ed estera. L’America dovrà riprendere la leadership degli sforzi globali per arrivare ad un nuovo trattato sui cambiamenti climatici ed il primo segnale in questo senso ce lo attendiamo con la nomina di un nuovo negoziatore in vista della conferenza di Poznan, a Dicembre.
(Diego Barsotti)
greenreport.it
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