Il Veneto dei capannoni e dei fumi industriali è sempre più una locomotiva che «funziona» a energia rinnovabile. Sono presenti 150mila impianti fotovoltaici, e si piazza al terzo posto per la produzione di energia solare. Non si tratta solo di avere a cuore il futuro dell’ambiente: quello dei pannelli è un business in costante crescita, con un giro d’affari che nella nostra regione è stimato intorno ai due miliardi di euro, solo per quanto riguarda i componenti. Ma se negli ultimi anni l’ascesa è stata rapida e costante, ora le aziende del settore, ovvero quelle imprese che producono pannelli, valvole e pali d’acciaio ma anche i tanti artigiani specializzati nell’installazione, sono preoccupate. Il governo ha messo mano al sistema degli incentivi alle energie rinnovabili e ha deciso che fino al 2020 i fondi a disposizione aumenteranno di tre miliardi l’anno, contro i sei previsti. A farne maggiormente le spese sarà proprio il fotovoltaico: oggi incassa due terzi degli incentivi, ma per il futuro dovrà accontentarsi di un sesto della torta. Per le ditte venete rischia di essere un problema serio, visto che producono il 35 per cento dei pannelli per la produzione di energia solare realizzati in Italia. «Il taglio è drastico - dice Leopoldo Franceschini, il fondatore della Ecoware, «storica» azienda specializzata nella realizzazione di impianti - pensavamo a una riduzione più graduale. La cosa importante è che almeno questa volta le regole rimangano invariate per almeno un paio d’anni.
A spaventare gli investitori, infatti, è soprattutto l’instabilità della regolamentazione che negli ultimi anni ha contraddistinto l’Italia». Secondo il ministro Corrado Passera, un taglio era inevitabile: «Abbiamo avuto un sistema molto generoso rispetto ad altri Paesi. Vogliamo che nostri incentivi restino superiori, ma non così incredibilmente superiori ». Nonostante il taglio, problemi per l’occupazione - dice Franceschini - non si dovrebbero registrare: «Dal punto di vista industriale si potrebbe perfino rinunciare ai bonus: basterebbe eliminare i costi burocratici che, per farsi un’idea, su un impianto fisso da un megawatt incidono per circa 400mila euro ». Dubbioso anche Luca Zingale, direttore scientifico di Solarexpo, l’evento che si svolge a maggio in Fiera a Verona e che rappresenta uno delle più importanti manifestazioni del settore. «Il decreto ha un forte impianto di razionalità economica, però non tiene conto che in questi pochi anni l’industria nazionale solare sta esercitando una forte funzione anticiclica: in un’Italia in recessione è un settore importante. Lascia perplessi la poca concertazione del governo: l’industria avrebbe meritato un accompagnamento più soft».
Stando all’ultimo dossier di Legambiente, il Veneto produce 1.167 megawatt grazie al sole. Hanno trovato spazio progetti importanti, a volte perfino avveniristici. Come il mega-impianto di Canaro, a 17 chilometri da Rovigo, uno dei più grandi parchi fotovoltaici italiani installati a terra: si estende su 120 ettari con 206.500 moduli al silicio multicristallino ed è in grado di produrre l’energia sufficiente a 14.500 famiglie di quattro persone. Sottomarina ha invece lanciato la torre ecosostenibile: l’Oversea Building è il primo edificio in Veneto con una facciata di pannelli fotovoltaici montati in verticale. Anche Venezia non ha perso tempo: ha detto addio alle lampade al mercurio ed entro un anno a indicare la rotta ai naviganti della laguna saranno i sistemi a energia solare montati sulle bricole. La diffusione dei pannelli fotovoltaici è stata spinta proprio dagli incentivi statali, pagati attraverso le bollette di tutti gli italiani: gli oneri per i bonus delle rinnovabili incidono per circa il 10 per cento sul totale di quanto si paga. Secondo il governo, il taglio dovrebbe evitare nuovi balzi delle bollette elettriche senza penalizzare il mercato delle energie rinnovabili. E le associazioni dei consumatori già promettono che vigileranno.
(Andrea Priante)
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